Pearl Jam

I sopravvissuti del Grunge

di Giuseppe Palazzolo

 

Epoca: 1991-oggi

Genere: Hard Rock, Grunge

Componenti attuali:

Eddie Vedder: Voce; Chitarra

Mike McReady: Chitarra solista

Stone Gossard: Chitarra

Jeff Ament: Basso

Matt Cameron: Batteria

 

Ex componenti:

 

Dave Krusen (1991): Batteria

Dave Abbruzzese (1991-1994): Batteria

Jack Irons (1994-1998): Batteria

 

Discografia:

1991  Ten
1993 
Vs.

1994 
Vitalogy
 
1996 
No Code

1998 
Yield 
1998
  Live on Two Legs 
2000 
Binaural 
2002 
Riot Act

consigliato da TheSubwoofer

 

L’avventura dei Pearl Jam prende le mosse da una band chiamata Green River, in cui militavano Stone Gossard e Jeff Ament, rispettivamente chitarrista ritmico e bassista dei futuri Pearl Jam. Ma la band, nonostante un contratto con la storica SubPop di Seattle si scioglie dopo qualche ep. Gossard e Ament si ritrovano allora nei Mother Love Bone, accanto al talentuoso cantante Andy Wood. L’avventura dei MLB dura solo il tempo di un disco, “Apple”, subito dopo l’incisione infatti, il cantante viene trovato morto per overdose, ponendo fine a quest’altra esperienza.

Ma dopo tante disgrazie, finalmente il vento comincia a spirare nella giusta direzione: Stone e Jeff incontrano Mike McReady, un chitarrista solista dalle doti notevoli, e Jack Irons, ex batterista dei Red Hot Chili Peppers. Adesso l’unico problema è quello di trovare un cantante, cui affidare le parti vocali dei demo già incisi (compresa la storica “Alive”). La scelta cade su Eddie Vedder, un benzinaio di San Diego con la passione per il surf e il canto. Il neonato gruppo si chiama Mookie Blaylock, in onore di un giocatore di basket. Le sessions di registrazione vedono Dave Krusen alla batteria e Rick Parashar in veste di produttore: quello che ne esce fuori è “Ten”, un mix di hard rock anni 70 (“Once”, “Alive”), blues (“Black”) e ballate ricche di pathos (“Release”), tutto suonato con un’attitudine grunge. L’album è un successo planetario, e i Pearl Jam vengono considerati gli alfieri del movimento di Seattle, assieme a Nirvana e Soundgarden.

Il successore di “Ten” sarà “Vs.” (all’inizio uscito solo su vinile); l’album registra un altro cambio di formazione: a lasciare la band è Dave Krusen in favore di Dave Abbruzzese. Quanti si aspettavano un ammorbidimento del sound dovuto al successo dell’album d’esordio, rimarranno delusi, infatti “Vs.” suona ancora più duro del precedente: “Go”, “Animal” e “Blood” sono pezzi al limite della furia punk; ma sono presenti anche due splendide ballate acustiche come “Daughter” e “Elderly Woman”, che saranno veri punti di forza nelle esibizioni dal vivo. In questo periodo iniziano le prime frizioni con Dave Abbruzzese, che sarà definitivamente cacciato dopo le registrazioni di “Vitalogy”. Il 6 dicembre 1994 esce “Vitalogy”, che batte il record di vendite di un disco in un solo giorno (in precedenza apparteneva a “Use Your Illusion II” dei GN’R). E’ un album dal sound più complesso e ricercato dei precedenti, molto oscuro, a tratti quasi psichedelico; in molte tracce la forma-canzone è completamente distrutta: “Stupid Mop” è un collage di frasi tratte da un film e innestate su un tappeto ritmico ossessivo; compaiono strumenti inusuali per un disco rock, come la fisarmonica in “Bugs”. Accanto a queste stranezze trovano posto alcune delle ballate più accorate dei PJ: “Nothing Man” e “Immortality” sono degne del miglior Neil Young! Non a caso il rocker canadese sceglierà proprio i Pearl Jam come backing band per registrare il suo “Mirrorball” nel 1996. Nello stesso 1996 esce “No Code”, quarto disco della band, con il redivivo Jack Irons dietro le pelli. L’esperienza con Neil Young ha lasciato il segno, e infatti “No Code” è un viaggio attraverso tutta la tradizione musicale americana, a partire dalle radici folk della splendida “Off He Goes” fino ad arrivare al veloce punk-rock di “Lukin”. Sempre nel 1996 la band vince un Grammy con “Spin the Black Circe” come migliore canzone hard-rock, ulteriore dimostrazione del fatto che ormai i Pearl Jam sono l’unica vera rock-band del pianeta. Con “Yield” (1998) i Pearl Jam tornano al loro passato, mettendo da parte le chitarre acustiche, e riscoprendo l’immediatezza della canzone rock quale mezzo insuperabile per raccontare storie di vita (“Given to Fly”). Durante il tour promozionale di “Yield” Jack Irons lascia nuovamente la band, a sostituirlo sarà Matt Cameron, lo straordinario batterista dei Soundgarden, scioltisi nel 1997. Nonostante la ventata di novità portata nella band dal nuovo arrivato (anche in fase di composizione), i Pearl Jam sembrano aver smarrito il “sacro fuoco del rock” che bruciava di passione nei primi dischi: “Binaural” (2000) e soprattutto “Riot Act” (2002) presentano un preoccupante calo di creatività. Tuttavia i Pearl Jam rappresentano oggi l’unica band che è riuscita a non farsi inghiottire da quel vortice di autodistruzione che serpeggiava tra molti gruppi di Seattle, primi fra tutti i Nirvana. Una delle poche band che ha rifiutato di scendere a compromessi con l’industria musicale, anzi ne ha combattuto fieramente le leggi: si ricordino la lotta contro il monopolio della Ticketmaster nel tour 1994, il rifiuto di girare videoclip promozionali o la pubblicazione di una serie interminabile di “bootleg ufficiali”.